giovedì 3 gennaio 2013

Il Telegrafo del 8 aprile 1936
Verso il Tembien con le legioni della Divisione "Implacabile"


Fronte Eritreo, marzo


Con una improvvisa e rapida manovra verso nord-ovest, la "23 Marzo", alla quale si sono aggregati reparti dell'esercito e formazioni indigene del III Corpo d'Armata, si e' portata, in meno di cinque giorni di marcia, alle pendici sud della regione del Tembien.
Dopo la vittoriosa azione nell'Amba Aradam e senza prendersi un solo giorno di riposo, i battaglioni e la varie sezioni servizi della 1.a Divisione CC.NN. si sono distesi in formazione di guerra e, a sbalzi, a puntate rapide e decise, hanno raggiunta la posizione al Passo del Gheva', primo obbiettivo di questa grande azione di rastrellamento e conquista di una delle piu' vaste e ricche provincie del Tigrai.
Il secondo obbiettivo, quello finale, sara' il dare battaglia, e naturalmente battere le colonne etiopiche che, respinte dalle nostre truppe che oeprano a nord, tentano di raggiungere il Tacazze' e di portarsi sulla via di Amba Alagi, attraverso il piano del Gheva'.
Fino ad oggi la Divisione ha avanzato senza colpo ferire. In tutti i villaggi attraversati abbiamo rivecuto atto di sottomissione da parte dei capi e siamo stati salutat come i liberatori tanto attesi dalle pacifiche popolazioni agricole, che hanno preferito rimanere fedeli alla terra anziche' rispondere all'appello dei ras ad impugnare le armi contro gli italiani.
Del nemico nessuna traccia, almeno fino a questo momento. Di tanto in tanto giungono notizie dalla resa di questo o di quel corpo e, talvolta, addirittura della sottomissione dell'intero contingente nemico, voci che provengono non si sa da dove, trasmesse poi alla truppa a mezzo dei consueti scarponigramma e destinati a non avere che un effetto passeggero.
"Se il nemico si arrende, non si combatte. E se non si deve combattere, perche' abbiamo marciato cinque giorni consecutivi?". La Camicia nera ragiona cosi'. SI cammina, si lavora, si fatica, si soffre, se e' necessario, ma si fa tutto cio' con la speranza non nascosta di trovarsi a tu per tu col nemico, di ingaggiare battaglia ancora una volta, di vincere ancora e sempre.
Nessuna traccia del nemico, e' vero: ma questa mattina un insolito via vai di apparecchi da bombardamento ed una serie di scoppi lontani - il caratteristico e ormai per noi comune, rumore degli spezzoni che esplodono - ci dicono che qualcosa di "bono" c'e' nell'aria e che forse domani, se non proprio oggi stesso, avremo il piacere di incontrare sul campo i resti della poderosa armata etiopica del Tigrai e liquidare definitivamente la partita in sospeso con Ras Cassa e Ras Sejum Mangascia'. Partita che una volta liquidata, potrebbe anche segnare il saldo del vecchio conto aperto col Negus nel lontano '96.
Da ieri la Divisione e' schierata sul baluardo che, oltre il villaggio di Dibluk, domina la valle che dal Gheva' porta al Tacazze'. Le batterie da montagna hanno i pezzi puntati, le mitraglie, sia le pesanti che le leggere, sono piazzate e gli stessi moschetti, apoggiati ai ripari dei trinceramenti, improvvisati in poche ore con terra e pietre, sono volti tutti verso lo stesso punto.
Tutte le bocche da fuoco guardano il passo, all'unico passo valicabile, che dal Tembien porti al piano: tutti gli occhi volgono gli sguardi verso queste direzioni e tutti i cuori - ormai temprati alle prove piu' difficili - palpitano di speranza nell'attesa che forse non sara' delusa.

Marcia di guerra

Rastrellamento: azione di guerra in una determinata zona gia' sottoposta al nostro dominio perche' circondata e chiusa ai lati e a nord dalle armate italiane, ma mai attraversata dalle nostre truppe. Una zona che, nel caso nostro, e' un'intera regione priva di strade e difficile a percorrersi.
La "23 Marzo" e' partita, forte delle sue legioni, della volonta' dei legionari e della potenza delle sue armi, fiera dell'ultima vittoria, desiderosa di dimostrarsi ancora una volta degna dell'aggettivo di "Implacabile" scelto dal Duce - sempre chiaroveggente - quando la Divisione primogenita era in formazione e non aveva dimostrata ancora la sua implacabilita' di fronte al nemico, al pericolo, alle fatiche, alle privazioni e ai sacrifici.
Per cinque giorni si e' marciato, si e' avanzato, si sono conquistate nuove terre all'Italia. Per cinque giorni e cinque notti i militi sono vissuti con lo scopo e per lo scopo di giungere per tempo alla posizione loro assegnata.
E per cinque giorni le Camicie nere, unitamente ai bravi fanti ed artiglieri della "Sila" ed ai fedeli ascari, hanno data l'esatta misura del loro spirito di adattamento, della loro parsimonia e della loro resistenza fisica e morale.
Via via che si procedeva per la regione, qua piana e paludosa, la' montuosa e quasi inaccessibile, si lasciavano alle spalle i depositi della sussistenza che sempre piu' si allontanavano all'allontanarsi delle truppe. Allontanarsi dalla sussistenza vuol dire viveri a secco: galletta e scatoletta. Cio' per cinque giorni di marcia, per i giorni che rimarremo nelle posizioni odierne e per la futura marcia di ritorno. Galletta e scatoletta: manna per il soldato, quando la fame si fa sentire, quando dopo una buona giornata di fatiche la galletta diviene un saporoso biscotto e la carne in scatola la piu' appetitosa delle bistecche.
Ma, allontanandosi troppo dalle basi, anche questi modestissimi viveri vengono talvolta a scarseggiare. Si marcia, si va avanti, si occupa un villaggio, si inalbera il tricolore sulla chiesa copta di questo villaggio e sul ghebi' del capo. Decisione e buonumore caratterizzano l'avanzata rapida e incruenta. Le ore passano veloci e, ad un tratto, la fame si fa sentire improvvisa ed acuta.
I viveri vengono portati alla colonna in marcia dai nostri apparecchi dell'aereoporto di Macalle'. Una squadriglia di trimotori da bombardamento vola sulla truppa e lascia cadere il prezioso carico.
Uno, due, dieci, cento paracadute si aprono nello spazio, calano lentamente e depongono al suolo casse di carne, sacchi di farina e colli di pane e gallette. Appositi incaricati raccoglono le cibarie, per poi distribuirle ai vari reparti.
Tra i tanti candidi paracadute che vengono lanciati dagli aerei, qualcuno non si apre. pesantemente, la cassa o il pacco cadono e terra e, immancabilmente, si sfasciano. E' allora un accorrere di uomini alla caccia delle pagnotte sparse qua e la' al suolo; tutti vogliono il loro pezzo, tutti cercano la razione fuori ordinanza. Dopo un minuto la calma e' rientrata nelle fila e non un solo pezzetto di pane o una sola scatoletta si scorgono nel terreno...che e' stato teatro dell'insolito bombardamento aereo.
Dopo il consueto volo di saluto, gli apparecchi si allontanano. Ma torneranno ancora. Per tutta la mattina i potenti trimotori faranno da spola tra Macalle' e la colonna in marcia e completeranno i rifornimenti per uno, due, e forse tre giorni.
Cosi' anche l'aviazione, oltre che per la guerra combattuta, si rende utile per i servizi funzionando, con i suoi motori, da rapide colonne di salmerie. E, per la prima volta nella storia della guerra, anche gli aviatori, anche i nostri eroici camerati dell'Armata Azzurra, disimpegnano il loro servizio di corve'.

La Divisione in linea

Da ieri la Divisione e' in linea. Una linea che e' un vero fortilizio naturale e che si presta meravigliosamente sia all'offesa che alla difesa.
Alle nostre spalle, i reparti del genio aprono le vie di comunicazione ad adattano a camionali le vecchie ed impervie mulattiere. Gli autocarri, che cinque o sei giorni fa non avrebbero percorso un solo chilometro in questa regione, giungono oggi a circa dieci chilometri dalla prima linea, merce' il nastro stradale improvvisato come per miracolo dai magnifici soldati italiani.
Da oltre ventiquattr'ore le truppe godono un relativo riposo. Terminate momentaneamente le marce e sistemati alla meno peggio i ricoveri e i trinceramenti, le Camicie nere se la spassano bivaccando allegramente intorno a una mensa immbandita sulla roccia e fornita abbondantemente...di biscotti e bistecche. Qualche povero asinello, arrostito alla meglio e sanza condimento di sorta, sulla brace ardente, completa i lauti pasti e porta nelle mense una nota nuova, insolita e di sapore, se non proprio delizioso, discretamente passibile in considerazione dell'Africa, della guerra e, particolarmente, in vista dei sei o sette giorni di galletta e scatoletta che ancora ci attendono.
L'attesa del nemico e' un'attesa serena. Il morale delle Camicie nere e' altissimo: la salute e' in tutti ottima. I disagi, i sacrifici e le privazioni sono nulla in confronto della fede e della volonta' dei militi. La prova e' dura, ma sara' portata a termine brillantemente e coompletamente.
Il legionario della "23 Marzo" ragiona poco, ma sempre a proposito. E quel poco che dice e' la conferma dei suoi sentimenti e della sua volonta': "Siamo volontari, siamo in linea, consideriamo la difficolta' del rifornimento e non ci lamentiamo. Siamo contenti di servire cosi' la Patria; le sofferenze e le privazioni, come le fatiche e il pericolo, sono il nostro orgoglio". Detto cio', la Camicia Nera sbocconcella la galletta, o pulisce il moschetto, o accarezza la canna della mitraglia, e guarda sempre avanti a se' in cerca del nemico, di quel nemico che e' prossimo a esser domato del tutto.
In questo momento, proprio mentre sto per posare la penna, rientra al campo la colonna della corve' per l'acqua. Alcune centinaia di muli con altrettanti conducenti, scortati da una compagnia mitraglieri, sono partiti stamani in direzione del Gheva' per il rifornimento del prezioso liquido.
Il fiume scorre nel settore sotostante le nostre linee, a una diecina di chilometri dalle trincee. Partiti di buon'ora, i salmieristi tornano che e' notte fatta. Hanno camminato per quasi tutto il giorno per sentieri da capre, hanno affrontato il pericolo internandosi in territorio nemico, forse non hanno mangiato da ieri sera, ma rientrando al campo le Camicie nere cantano.
Qualcuno, vinto dalla fatica, barcolla e si aggrappa al collo del mulo. Ma tutti cantano, tutti sono fieri della loro fatica e nessuno si lamenta. Domani mattina saranno pronti a partire di nuovo, a nuovamente faticare, a combattere quando giungera' il momento. Tutto cio' per la Patria, per il Re, per il Duce. Tutto cio' per realizzare un sogno di gloria. Di quella gloria, che quando e' vera, si conquista solo a caro prezzo.

Dino Corsi


http://www.97legione.siena.it/

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