giovedì 3 gennaio 2013

Il Telegrafo del 21 aprile 1936
E qualche volta passiamo anche per la strada...


Bette Mariam, marzo


A Gura', luogo del nostro soggiorno eritreo , in una baracca, sede di un Comando della Milizia della Strada, spiccava a lettere cubitali il motto dettato dal Duce per i nostri camerati che sulle vie d'Italia, e su quelle delle nostre colonie, svolgono la loro importante attivita': "Noi passiamo dappertutto. E qualche volta anche per la strada".
La "23 Marzo", la Divisione alpina tra le Divisioni Camicie Nere, la divisione celerissima tra le tante Divisioni celeri, la divisione che e' passata ovunque e sempre, ha fatto suo il motto della Milizia della Strada: "Noi passaimo dappertutto..."
Infatti, dal giorno dell'inizio delle operazioni ad oggi, le Camicie nere della "Implacabile" hanno tirato dritto, incuranti degli ostacoli del terreno e superando nella loro marcia e avanzata vittoriosa i passi ed i valichi piu' difficili e sempre procedendo attraverso primitive mulattiere e senz'altro qua e la' per zone prive del tutto di ogni tracciato stradale, anche del piu' modesto.
E sempre, i legionari della "23 Marzo" hanno lasciato orme indelebili del loro passaggio, tracciando sentieri e piste camionali, che hanno servito in seguito al perfetto funzionamento dei servizi logistici.
"...E qualche volta anche per la strada". Qualche volta, e' vero, qualche rarissima volta abbiamo camminato sulle strade. Per pochi chilometri, per poche ore, la nostra marcia si e' di tanto in tanto effettuata sui nastri delle camionali e delle carovaniere. E per ultimo, di ritorno dal Tembien - dopo la saldatura dei conti con Ras Cassa e Ras Sejum - abbiamo detto momentaneamente addio alle mulattiere ed ai sentieri impervii e ci siamo incamminati sulla camionale, che in soli 15 giorni i nostri camerati del Genio ed i fanti della "Sila" avevano aperte attraverso la conca e il Passo di Galla' e su su fino al fiume Gheva' nei pressi di Abbi Addi. Per cinque giorni consecutivi i tre scaglioni della Divisione hanno marciato arditamente e celermente come non mai. La strada, anche se ploverosa e battuta dall'intenso traffico degli automecarri, e' sempre la strada. Si poggia il piede a terra con sicurezza, non si ha bisogno di fare prodigi di equilibrio e di attenzione per reggersi in piedi, si va avanti con sicurezza, e si supera la media di 25 chilometri al giorno, senza che la fatica si faccia troppo sentire. La marcia, anche se lunga, e' sempre riposante. Bisogna aver per mesi e mesi battuto sentieri da capra, essersi aperti il varco con le baionette, essersi arrampicati, anche a forza di braccia, sugli scoscesi rocciosi delle ambe africane, per poter comprendere ed apprezzare i vantaggi della strada vera e propria. Di quella strada che i soldati della Nuova Italia hanno aperto per centinaia e centinaia di chilometri nelle zone occupate, di quella strada che permette, con quello della truppa e degli automezzi, il rapido passaggio della civilta' e del progresso.

Nuclei di sussistenza

Un altro degli incalcolabili vantaggi, che per la truppa in marcia portano le strade, sono i nuclei di sussistenza disseminati lungo le camionali. A distanza di alcune diecine di chilometri l'una dell'altra, queste vere oasi del deserto, fanno assaporare al soldato la grande gioia di sapersi tranquillo riguardo alle cibarie, e, come nel caso nostro dopo quasi un mese di privazioni e di viveri a secco, appaiono come veri e propri paradisi terrestri.
Si vedono e si riconoscono da lontano, i nuclei di sussistenza. Cinque, dieci tende, una tenda piu' grande delle altre che domina il piccolo accampamento e tutt'intorno casse, fusti, barili, bidoni e colli svariati, ammucchiati in ordine perfetto, come un poderoso trinceramento.
Passa la truppa ed i reparti si soffermano ad ammirare la grazia di Dio che attende. Qualcuno, piu' lesto o piu' furbo, se la scappa dalla via, valica la barriera...commestibile e va in cerca di questo o quel paesano, o in mancanza dell'uno e dell'altro, di un compiacente camerata che "allunghi" di sotto mano una pagnotta croccante, una scatoletta di carne e magari un mezzo tazzino di vino o un "cicchetto" di anice o cognac.
Si assiste e si prende parte cosi' a scenettine gustose ed a episodi quasi comici. Dato che non tutti sanno o possono chiedere, c'e' anche chi tenta di arrangiarsi e fa affidamento alla sveltezza delle proprie mani per rifornire il tascapane, troppo vuoto e da troppo tempo. C'e' naturalmente chi la fa franca e chi invece "batte nel canape" e viene colto con le mani nel sacco, che puo' essere anche una cassa, una cesta od un qualsiasi recipiente.
Gli addetti ai depositi chiudono sovente un occhio e, nei limiti del possibile, lasciano correre. Ma molto spesso, quando i viveri sono misurati ed appena sufficienti ai bisogni della truppa, gli occhi vengono aperti ed ogni prelevamento clandestino e' reso impossibile dalla stretta sorveglianza.
Ed allora si passa davanti ai nuclei di sussistenza, si guardano con insistenza le cibarie o le bevande, si sospira di desiderio, ma ci consola pensando che un chilometro o due piu' avanti la colonna fara' sosta ed i nostri salmieristi torneranno indietro per la spesa viveri, per la spesa pane e per tutte le altre svariate "spese" che sono il conforto e la consolazione della truppa.
E piantate le tende, toltisi di dosso e stesi al sole i panni grondanti di sudore e scaricati e messi in ordine i materiali del reparto, si attendera' che la voce del sergente d'ispezione risuoni nel campo: - Adunata per i viveri!
Ed immancabilmente le adunate si susseguono rapide l'una dopo l'altra. Prima il pane, poi i viveri e dopo, magari il vino, o il cognac, o il caffe', confezionato rapidamente dagli instancabili e sempre pronti cucinieri.
E cosi', tra una marcia e l'altra, lungo le camionali che meno di un mese fa erano solo nei desideri di tutti, si riacquistano le energie fisiche perdute nei giorni dell'azione, quando cioe' i rifornimenti erano resi difficili e pericolosi dalla natura del terreno e dallo svolgimento delle operazioni di guerra.
Si marcia attraverso quelle zone che ieri il nostro slancio, il nostro ardimento e la nostra volonta' hanno conquistate all'Italia, si ammira l'opera civilizzatrice svolta in pochi giorni in queste regioni, si sosta nei pressi dei nuclei di sussistenza, si gode di una relativa abbondanza, e ci si rimette in forze, in attesa di giungere domani sul nuovo fronte di combattimento e di riprendere la vittoriosa avanzata verso le immancabili vittorie.
Con le strade, i nuclei di sussistenza rimarranno alle nostre spalle. Ma quando il nuovo balzo sara' compiuto, quando i nostri gagliardetti avranno ancora sventolato alla brezza del trionfo, allora le piccole oasi ci raggiungeranno e ci porteranno nuovamente il bene incalcolabile della loro paterna assistenza e prodigalita'.

Dopo il moschetto, il piccone

Cinque tappe ci hanno portato a Bette Mariam, nello Scialicot, ove ha sede il Comando del 3.0 Corpo d'Armata. Il villaggio, che vide la precipitosa e disordinata fuga dei resti dell'Armata di Ras Mulughieta', e' uno dei piu' belli e caratteristici di questa regione. La popolazione, prevalentemente agricola, ha preferito il lavoro alla guerra ed ha salutato con manifestazioni di gioia il giungere delle truppe italiane.
Tra un'ora, dopo una giornata di riposo, ripartiremo alla volta di Samre'. Stasera o domani mattina raggiungeremo finalmente la linea del nostro nuovo fronte, abbandoneremo la camionale e riprenderemo l'avanzata. Si prevede che per un buon tratto la nostra marcia verso Socota' non incontrera' ostacoli di sorta, esclusi s'intende quelli che presentera' il terreno.
I capi dei villaggi che attraverseremo nella nostra avanzata, hanno gia' fatto atto di sottomissione ed attendono con ansia il nostro giungere per dimostrare la loro fedelta' all'Italia.
Tra due ore partiremo; in giornata tutta la "23 Marzo" sara' in marcia. L'equipaggiamento e l'armamento normali della truppa sono stati integrati con badili e picconi.
Tutte le camicie nere hanno ricevuto un attrezzo e tutte, partendo, sanno gia' che, ancora una volta, come nell'Entiscio' e nel Faras-Mai, il compito da assolvere sara' quello di preparare la via ai camerati che ci seguiranno domani. La nostra guerra e' questa. Dopo il moschetto, il piccone. E, se sara' necessario, dopo il piccone, ancora il moschetto. E questo, del piccone che si alterna al moschetto, e' il nostro orgoglio piu' grande, perche' fa di noi, oltre che dei soldati pronti a tutte le battaglie e a tutte le vittorie, dei pionieri del lavoro italiano e della civilta'. Perche' ci fa dire con coscienza e sicurezza, "che noi passiamo dappertutto", anche se qualche rara volta passiamo per le strade.

Dino Corsi


http://www.97legione.siena.it/

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