Il Telegrafo del 22 gennaio 1936
Capodanno in armi
da oltre Macalle', Capodanno 36
Dopo il Natale, anche la festivita' di Capodanno e' trascorsa, tra la gioconda serenita' delle truppe. Un altro giorno, caro ai ricordi e agli affetti famigliari, e' stato vissuto dalle camicie nere e dai soldati, schierati - vigile scolte di italianita' - sui roccioni che dilimitano la zona del Tembien e dell'Enderta'.
I combattimenti degli ultimi giorni, le numerose azioni di rastrellamento effettuate in vista della prossima grande battaglia, gli scontri non sempre incruenti e il sacrificio di tanti camerati della Milizia e dell'Esercito, caduti nel compimento del piu' sacro dovere, non hanno minimamente fiaccato lo spirito e la volonta' delle truppe. Anzi, di fronte al nemico, che finalmente si mostra aggressivo e agguerrito e sembra non sfuggire piu' la lotta, il fante, che sa di esser giunta l'ora tanto attesa di combattere e di dimostrare al mondo cosa possono i figli della generazione di Vittorio Veneto, affila le armi, aguzza gli sguardi e, fremendo di impazienza, accarezza il calcio del moschetto e la canna della mitragliatrice in attesa di rispondere, con il coro delle sue armi, alle grida dei caduti che invocano vendetta.
Con questo spirito, mentre gia' nei valloni risuona ancora l'eco delle fucilate, mentre i tumuli ancora freschi ricordano il sacrificio non vano dei nostri fratelli, mentre tutto e' ormai pronto per l'imminente offensiva, i legionari d'Africa, sereni come tutti i forti - hanno festeggiato l'avvento del nuovo anno e si preparano a solennizzare il 1936 in una forma eroica, degna dei soldati della nuova Italia: riprendendo, cioe', la marcia vittoriosa, onorando con il successo delle nostre armi le memorie degli Eroi e vincendo la tracotanza dei barbari armati e dei cosiddetti uomini civili che la barbarie armano contro la civilta' e il progresso.
Notte di S. Silvestro
Qua, nel Tigrai Orientale, alle sei del pomeriggio e' notte. Rapidamente come sorge, il sole cala in pochi minuti; e senza l'intermezzo del crepuscolo, dallo splendore lucente del giorno si piomba nelle tenebre della buia notte africana.
Con il rapido annottare, i nottambuli hanno perduta la loro consuetudine e, salvo che il far tardi o il trascorrere addirittura la nottata bianca sia richiesto dalle esigenze del servizio, la truppa si corica normalmente di buon ora, per ptoer essere in piedi, dopo un non breve riposo, al primo sorgere del sole ed iniziare, con piena freschezza di idee e di muscoli, la giornata sempre laboriosa.
Ma la sera del 31 anche i militi liberi dal servizio di vedetta e di pattuglia, ripresero una volta tanto le abitudini borghesi e, vegliando fin quasi all'alba, festeggiarono l'avvento dell'anno nuovo.
Se la notte di Natale fu una notte piena di misticismo e di commozione, questa di S. Silvestro - trascorsa a pochi metri dalle linee nemiche - e' stata una nottata di allegria sana e di spensierata ricreazione.
In tutti i campi e in ogni tenda si e' fatta festa e, tra canti, suoni e libagioni piu' o meno misurate, si e' atteso lo scoccare della mezzanotte.
Soltanto ai posti di vedetta e nelle ridotte avanzate si e' vissuta la vita di tutte le notti. Uomini desti e pronti, occhi aperti e muscoli irrigiditi nella forzata immobilita', vigili scolte alle estremita' dei campi e su per le alture rocciose - hanno vegliato per ore e ore assicurando il lieto svolgersi dei festini e garantendo la sicurezza dei camerati, cosi' come tutte le notti avviene.
Ai compagni dislocati agli avamposti sara' forse giunta l'eco dei canti e delle risate, ma nessuna di queste sentinelle ha provato rimpianto o desiderato di essere al campo, sotto la tenda con i camerati a festeggiare l'anno nuovo, giacche' nessuna migliore celebrazione della festa era da desiderarsi di quella di veder morire e nascere l'anno, mentre in piedi, con l'arma in pugno e lo spirito proteso verso un avvenire di gloria, si sta compiendo il piu' bello dei doveri.
Nella nottata - proprio sul piu' bello della festa, quando gia' si cominciava a consultare l'orologio e si contavano i minuti che separavano dalla mezzanotte - non e' amncato il quasi consuetomotivo di emozione e di allarme. Improvvisamente, una delle nostre batterie da 65-17 ha aperto il fuoco contro le linee nemiche. Gli osservatori avevano segnalato dei movimenti sospetti e i bravi artiglieri, dopo alcune salve di prova, iniziarono un tiro di sbarramento che si prolungo' per una buona mezz'ora.
Ai primi colpi l'allarme si sparse tra gli accampamenti. Le camicie nere, sorprese d'intorno ai...tavoli imabnditi (tavoli...terra terra) misero il capo fuori dalle tende e, impugnate le armi, corsero ai posti di difesa. Ma il difendersi non fu necessario, giacche' i nostri camerati della Sezione Cannoni disimpegnarono tanto bene il loro compito da rendere inutile l'opera dei battaglioni.
E cosi', dopo il breve rumoroso intermezzo, le tende si popolarono nuovamente e, stappate le ultime bottiglie e tolti dalla loro custodia di stagno i panforti, la festa ebbe fine, tra le grida e i canti di saluto e di benvenuto al 1936 e tra i piu' allegri commenti sul bombardamento terminato da poco. Bombardamento che diede luogo ad una bella uscita di spirito, da parte di un capo ameno senese.
Questo nostro camerata, al primo rombare delle artiglierie, mentre l'allarme si diffondeva tra gli accampamenti, rimase beatamente seduto a sorseggiare con calma e tranquillita' un mezzo bicchiere di quel buono e, rivolto ai compagni che correvano alle ridotte e ai trinceramenti, esclamo' allegramente: "Calma ragazzi! Queste so' giuccate...So' l'artiglieri che sturano le bottiglie di spumante e regalano i tappi ai soldati del Negus".
Dopo la mezzanotte, lentamente e gradatamente si spensero i fuochi e si fece il silenzio. Silenzio rotto di tanto in tanto da scoppi di risa, provenienti da questa o da quella tenda, ove si vegliava ancora e forse si veglio' fino all'alba.
Al mattino, un po' piu' tardi del solito, la sveglia trovo' tutti abbastanza assonnati e un tantino piu' stanchi degil altri giorni. Qualche faccia palliduccia, alcune paia di occhi stranamente luccicanti, varie bocche atteggiate alle piu' curiose delle smorfie dicevano tutta la storia di una nottata trascorsa...borgesemente e facevano pensare a qualche sparuta comitiva che all'alba del 1.o gennaio si vedono circolare per le vie di Siena, in cerca dell'ultimo "poncino" o del primo "grappino".
Ma la camicie nere, indipendentemente dai palati piu' o meno amarognoli e dalle pupille piu' o meno lucenti, non cercarono ne' ponci, ne' grappa, ma, sorbito con straordinario gusto il tazzino di caffe', corsero in cerca di notizie. E la "radio della truppa" comincio' ad emettere, una dietro l'altra, una infinita' di "bollettini del fante", tutti pieni di promesse e tutti destinati ad elettrizzare gli spiriti e a riscaldare i cervelli, molto piu' di come non lo avrebbero potuto fare tutte le bottiglie di liquore di questo mondo.
I "bollettini", compilati non si sa da chi, resi noti e conosciuti da tutti, proprio come le chiacchiere delle donne alla fonte, ripetevano il solito motivo: si parte. Si attacca presto. La "23 Marzo" iniziera' l'azione, ecc. ecc.
E cosi', tra una chiacchiera e l'altra, tra una conferma e una smentita, anche la giornata di Capodanno trascorse, allietata, come quella di Natale, dalle mangiate fuori ordinanza e dai canti dei senesi, riuniti ancora una volta intorno al "fiasco Chianti" e al panpepato, in attesa di riunirsi ancora domani sul campo di battaglia, intorno alla bandiera della Patria. E questo domani e' ormai giunto.
"Si va avanti!"
"Domani si parte, si va avanti. La compagnia dara' sessanta uomini forti, decisi, audaci, che scegliero' io stesso e non rientreranno al campo che dopo quattro, cinque o forse sei giorni. La Divisione sara' impegnata e dovra' raggiungere importanti obbiettivi. Armamento normale, rifornimento di munizioni al completo e viveri a secco per quattro giorni".
Conciso e chiaro come sempre, il nostro Centurione ci ha data stamani la bella notizia: Si va avanti, si attacca, si combatte.
Il gran giorno e' dunque giunto. Tutto e' pronto per il combattimento e per la vittoria.
Vorrei scrivere ancora a lungo per dire tutto il nostro entusiasmo e la nostra volonta', per rivolgere una parola buona a tutte le famiglie che sapendo i loro cari impegnati nella lotta, vivono ore di trepidazione e di ansia, vorrei tentare di rassicurare, confortare e fare animo a tante mamme italiane che hanno offerto i loro figli alla Madre piu' grande, ma penso che quando saranno lette queste righe la battaglia avra' gia' avuto il suo corso e la posta aerea avra' gia' portato alle nostre donne le piu' belle delle notizie: "Ho vinto. Son salvo". Percio' chiudo queste brevi note e corro con i miei camerati ad affardellare lo zaino, e togliere gli ultimi granelli di polvere al moschetto e ad affilare il pugnale.
Domani si va avanti...
Dino Corsi
http://www.97legione.siena.it/
Nessun commento:
Posta un commento