venerdì 22 maggio 2015

Il Telegrafo del 9 maggio 1941
Gli esploratori varcato il confine hanno fatto conoscere l'anima dei figli di Siena

Dal camerata e collaboratore Dino Corsi ci giunge quasta corrispondenza in cui è scolpito l'indomito spirito di ardimento dei militi del 97.o Battaglione CC.NN. d'Assalto, nell'atto di varcare il confine per misurarsi col nemico
In questo suo scritto il nostro Corsi narra l'episodio in cui trovò morte gloriosa il camerata Ettore Neri, che offrì generosamente il sangue a consacrazione del battesimo di guerra del Battaglione.
Nel trigesimo della morte di questa valorosa Camicia nera, ricorrente oggi 9 maggio, pubblichiamo lo scritto di Corsi, che contiene, malgrado il precipotoso corso dei vittoriosi avvenimenti, spunti di viva e palpitante attualità


dal fronte, aprile
La punta acciaiata del dardo audacemente legionario ha colpito il bersaglio: in pieno. Gli esploratori, quel manipolo di uomini votati all'ardimento e predestinati alla mortte hanno compiuto la loro prima missione guerriera e si son dimostrati degni della fiducia incondizionata che in essi riponevano i capi.
Tutto era calmo nel campo legionario quando l'ordine di formare la pattuglia giunse gradito quanto anelato da tempo.
In un attimo, il gruppo degli ardimentosi, disposti ad osare l'inosabile e ad affrontare il periglio, fu pronto; volontari fra volontari, gli arditi partirono con negli occhi la visione del mare amarissimo, con nel cuore la fede, con nell'animo la volontà di combattere.
Un autocarro, il vecchio amico autocarro di tutte le guerre e di tutti i fanti, caricò il peso sublime delle ardenti giovinezze lanciate dall'entusiasmo oltre ogni umano limite.
Eccheggiarono nelle vie del Carnaro le canzoni di guerra, e la pattuglia audace, al canto degli inni guerrieri, raggiunse il confine. Il cielo dell'eroica regione italiana, della martoriata regione, vibrava dello spasimo degli esploratori che, degni figli dei morti di ieri, si accingevano a rinnovare le gesta dei padri.
E l'anima grande di Siena guerriera aleggiava sulle teste dei figli, erette, cogli sguardi fissi verso la meta da raggiungere.
L'autista nostrano che guidava l'autocarro lasciò la sua macchina e si unì alla pattuglia dei prodi. Un ufficiale delle "Fiamme Gialle" gridò il suo "in bocca al lupo!". Pochi colpi della pinza tagliafili, e fu aperto il varco nel reticolato.
Carponi, i legionari strisciarono sul terreno avverso. Non li fermarono le scariche di fucileria, nè le raffiche della mitraglia. Avanti, avanti, sempre avanti, dentri stretti sulla lama del pugnale e mani serrate sulle bombe: avanti verso l'obbiettivo da raggiungere.
Il nemico, sorpreso dall'audacia del manipolo degli assaltatori, sgomentato dalla insistente aggressività di un nucleo di pochi, barcolla, non regge. Ed allora scattano gli arditi, volano le bombe, echeggiano gli "A noi!", si risolve vittoriosamente a nostro favore il primo episodio della tanto attesa guerra adriatica.
Il villaggio, obbiettivo dell'esplorazione, è in mani italiane. I morti nemici dicono l'aggressività legionaria. E, per la prima volta dopo cent'anni, un canto romano si leva sotto i cieli della Dalmazia.
Poi gli arditi rientrano. Fieri e contenti. Paghi di aver portato a termine la loro missione, orgogliosi per la sanguigna ferita inferta al loro corpo, quella gloriosa ferita che ha nome: Ettore Neri.
Ettore Neri, l' "esploratore", è il primo nostro caduto, è forse il primo caduto del nostro fronte. Povero grande Ettore! A te doveva essere riservato il destino di insegnarci a vivere la vita guerriera per bene imparare a morire; a te, nostro più che camerata ed amico, fratello, doveva incombere l'onore di offrire la giovinezza ardente per quell'Idea che ti sublimò ieri e ti glorifica oggi.
Scriviamo per te, Ettore, queste poche righe, oggi mentre crepita la mitraglia; pensiamo a te, Ettore, come il nostro eroe più bello; e promettiamo a te di vendicarti e di vincere.
Ti vendicheremo. Ti vendicheranno i tuoi "esploratori" e tuti i legionari senesi.
Sulla tua tomba che mani fraterne hanno oggi adornata di fiori, noi non spargeremo lacrime; su quella tomba, fatta dalle dure pietre del Carnaro, noi affiliamo i pugnali per la vendetta e la vittoria.

Dino Corsi

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