venerdì 22 maggio 2015

Il Telegrafo del 12 aprile 1941
L'ora del destino

Quota 367, aprile
L'ora da tanto attesa è arrivata. E' l'ora del destino. Del destino dei legionari, che si riconosce in quello della Patria e si raffigura nella storia delle terre italiane prossime alla redenzione attesa da secoli. E' l'ora della battaglia, dell'ardimento e dell'audacia che precede la Vittoria. E' l'ora che la nostra generazione sognò per anni ed anni, è l'ora di una nuova "Vittorio Veneto", è infine l'ora grande della redenzione dalmata.
Sebenico, Spalato e tutte le altre italianissime cittadine e borgate che si specchiano nelle acque dell'amarissimo mare, attendono oggi l'ondata legionaria che le liberi dal giogo slavo, le renda alla grande Madre adriatica e permetta, infine, agli alati leoni, oggi imbrigliati nei lacci della schiavitù di spiccare nuovamente il volo serenissimo delle grande Repubblica Veneta.
E l'ondata, di uomini, armi e volontà ferree, sta per travolgere il nemico e rivendicare il passato. Ogni passato. Tra non molto sulla Dalmazia redenta, magari col sangue, garriranno al vento del trionfo le fiamme legionarie. Ed una nuova pagina di storia sarà scritta. Scritta, la pagina della nuova storia, dai figli di coloro che venticinque anni or sono combatterono ove noi ci accingiamo a combattere e vincero ove noi vinceremo.
Soltanto, nei confronti di allora, nei confronti di quella gloriosissima epoca, la Vittoria non avrà le ali tarpate; e si librerà sugli adriatici cieli, in tutte le coste e su tutte le isole che Roma, prima, e Venezia, dopo, segnarono col loro marchio di civiltà, a dire la rinnovata potenza dell'Italia legionaria.

In linea, in primissima linea, le Camicie nere son pronte al balzo che le condurrà oltre confine, nella regione dell'Italica amarezza, nella zona dell'adriatico martirio.
In attesa dello sbalzo degno degli "assaltatori", i militi, spensierati quanto forti, vivono le loro ore con gioia e tranquillità. In tutti i campi dell'unità legionaria l'allegria domina incondizionatamente. Allegria per la guerra che stiamo per combattere, allegria per le eroiche giornate alle quali andiamo incontro, allegria per il nostro eroico destino che alfine ha sentito suonare la sua ora.
Più qua o più là, facenti capoluogo dai colli e specchiantisi nelle azzurre acque dell'Adriatico, le armi, gli uomini ed i cuori fan buona guardia ed assaporano nell'aree il profumo della pugna vicina.
Negli attendamenti e negli accantonamenti, ricoveri di fortuna per le truppe di prima linea, si respira in un'atmosfera nostrana che fa pensar quasi di essere a casa.
Là, dove è la sede del Comando di Battaglione, è un lembo di Siena con tutte le sue Contrade. L'allegria ha qui il suo regno. Si mangia, si bevem quando c'è da bere, e si canta sempre. Si canta così a squarciagola, che, ormai, anche a Belgrado, devono aver inteso che
"Nella Piazza del Campo
ci nasce la verbena"

Lungo lo schieramento dei vari reparti è la stessa cosa. Vi siano senesi puro sangue o sangimignanesi, si tratti di gente di Torrenieri o di Abbadia, di Piano o di Cetona, ovunque sono i figli della terra di Siena, le zone risentono della maschia spensieratezza legionaria, ed ai fiori olezzanti della primavera del Carnaro si aggiungono quelli della più bella primavera italica.
L'adattamento alla vita del campo è stato facilissimo, anche perchè i militi, nella quasi totalità, hanno conosciuto nel passato, in Africa o in Spagna, vita dura quanto l'odierna.
Unica preoccupazione materiale è per tutti quella di migliorare il rancio, di per sè stesso già buono, acquistare, con mezzi....talvolta illeciti, pollame e conigli da cucinare negli improvvisati fornelli di marca prattamente militare e procurarsi di che bagnare l'ugola essiccata dal canto.
Naturalmente, e per tutti, non mancano i momenti di nostalgia e di commozione; una donna, un bambino che passano per la strada, una campana che suona, la visione di una casetta che ne richiama alla mente un'altra lontana, l'eco di una nostalgica canzone...danno talvolta un fremito, fan brillare lo sguardo.
Ma sono attimi, istanti passeggeri. Una scrollata di spalle, un sorriso e, poi, in caso, una delle nostre schiette, forti, spontanee risate: ed, a conclusione, "La guerra è bella!"
Tanto, tanto è bella guarra! E maggiormante questa nostra guerra che combatteremoai più sacri confini della Patria, per rendere all'Italia i figli irredenti, per poter infine gridare col Poeta della nostra Rinascita: "Dalmazia! Dalmazia! Fosti, sei e sarai di Roma!"

Si avvicina la S.Pasqua. Memori del più grande sacrificio e della Divina Resurrezione, i legionari si accingono ad evocare col loro sacrificio, che preluderà la Redenzione della Dalmazia, la festività cristiana.
Da queste colonne, gli "assaltatori" inviano ai loro cari l'augurio di ogni bene, e la promessa che sapranno esser degni di chi, in ansia, attende da loro la Vittoria.

Dino Corsi

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